19 ottobre 2007

Biblioteca Braidense, via Brera 28, Milano

Nessuna traccia di me.
Questa frase mi perseguita, è il mio chiodo fisso. E la cornice che sorregge è pesante e disordinata come un Botero fra i Modigliani.

Sono sempre stato attento ai piccoli dettagli, quelli che i maestri del Rinascimento italiano lasciavano concludere ai propri allievi, terminato il soggetto principale dell’opera. Paesaggi in lontananza, alberelli sempreverdi, catene montuose immaginarie, animali da compagnia, carretti trainati da asini, sentieri filiformi. Particolari secondari, ma necessari per contestualizzare la figura protagonista. Senza di essi, un magnifico Lorenzo sarebbe apparso fluttuante nel nulla dorato di un cielo bizantino.
La mia attenzione è portata a fissarsi proprio su quei punti, nell’arte come nella vita. Ma il mio atteggiamento nei loro confronti è diametralmente opposto, nell’uno e nell’altro caso. Se nei dipinti li enfatizzo e li pongo, paradossalmente, in primo piano, nella realtà cerco di scovarne il più possibile con lo scopo di occultarli e neutralizzarli.
Ma il principio rimane il medesimo: altero la loro natura di presenza ausiliare.
E’ una lente d’ingrandimento che porge la guancia convessa all’ago nel pagliaio affrescato e quella concava alla trave nell’occhio dell’osservatore.

Fin da bambino ho questo dono. Stipulavo un elenco mentale dei più piccoli spostamenti che provocavo nel mondo esterno, e finché ognuno di essi non veniva rimesso in ordine, non riuscivo a darmi pace. Ero ossessionato dalle tracce, dal loro potenziale inquisitorio. Anche quando non avevo motivo di preoccuparmi, quando non c’era nulla di sbagliato nel mio comportamento.
A scuola ero un bravo bambino. Ora, che sono diventato cattivo, ho capito che maggiore è lo scrupolo, minore è il danno futuro.
Caravaggio ha passato metà della sua carriera in fuga, scappava perché era colpevole. Nei suoi capolavori, ogni dettaglio ha uno scopo preciso, il resto è oscurato. Tutto è focalizzato. Dà il giusto peso ad ogni elemento, anche al segno apparentemente più insignificante.
Caravaggio muore il 18 luglio 1610 sulla spiaggia di Porto Ercole, in preda alla febbre.

Anche con Giulia, sono riuscito a non abbassare la guardia. Ho creato attorno a me un ambiente sterile e per questo inattaccabile. Non esiste alcuna prova che può incriminarmi.
Giulia chi? Non la conosco. Ci deve essere un errore.

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